La ricerca della viralità.

Lo scorso sabato mattina (14 ottobre) ho parlato alla Bocconi di come hate speech e fake news possono inquinare il dibattito politico, oltre che manipolare gli esiti elettorali: di sicuro avrò altre possibilità per approfondire la questione, ma uno degli aspetti su cui mi sono soffermato (e che in quel contesto ho sottolineato) è il fatto che nel mondo dell’industria digitale la quantità è più importante della qualità.

Il numero di followers, le views, le reaction, i messaggi (positivi o negativi che siano) si misurano e contribuiscono a creare il cosiddetto engagement (il coinvolgimento degli utenti in relazione a un certo contenuto).

In tale ambito, c’è un ulteriore filone che può rivelarsi pericoloso, ed è quello delle challenge che diventano virali e, per l’appunto, danno visibilità e fama a persone altrimenti sconosciute (e che potrebbero percepirsi, per questo, come inesistenti).

Certo, la Mannequin Challenge è sostanzialmente innocua, mischiare insieme Mentos e Coca Cola (con tanto di pagina Wikipedia di spiegazione) ha creato effetti imprevedibili ma credo tutto sommato non eccessivamente rischiosi e la Ice Bucket Challenge aveva un fine nobile.

Tuttavia, in questi ultimi anni sono emersi fenomeni anche molto pericolosi non è andata sempre bene, come la Fire Challange, virale su TikTok, con cui si provoca spettacolare fiammata utilizzando alcool e accendino.

Fino a qualche anno fa, con migliaia di video su You Tube, spopolava la Snorting Condom Challenge (1, 2), che esponeva a rischio soffocamento chi decideva di far entrare un preservativo dal naso e farlo uscire dalla bocca. Sicuramente nociva, invece, è la Tide Pode challenge (vedi anche qui e qui), i cui video poi sono stati rimossi da You Tube.

Il 2023 non porta notizie migliori sotto quest’aspetto: il caso più recente è di questi giorni: abbiamo appreso che alcuni TikToker prendono a sassate un cigno, nel potentino, per farne un video e, infine, il 6 marzo 2023, l’Agenzia del Farmaco rilascia un comunicato (qui) con cui dice che:

“L’aumento della domanda di Ozempic®  ha portato a carenze che si prevede continueranno per tutto il 2023. Sebbene la fornitura continui ad aumentare, non è possibile prevedere con certezza quando risulterà sufficiente a soddisfare completamente la domanda attuale”

Nota AIFA del 06.03.2023

Tutto ciò si è reso necessario, in quanto già da qualche mese si stava sviluppando online una moda, molto pericolosa, che spingeva le persone che volevano dimagrire a usare antidiabetici, i cui principi attivi avevano come effetto collaterale la perdita di peso (Wired qui lo spiega bene).

Fondamentale, quindi, è la presenza di un percorso di consapevolezza, quanto mai opportuno, che porta gli utenti, quelli più giovani (e in generale quelli più vulnerabili), ad un uso della Rete sicuro: il focus, a mio avviso, è rompere l’equazione VIRALE = ESISTENTE, perché ottenere la visibilità estrema a ogni costo rischia la generazione, e la condivisione, di contenuti anche pericolosi, oltre che di scarsa qualità.

Questo tipo di condivisione virtuale (e virale), che con gli hashtag giusti può rendere imitabile un comportamento nocivo, diventa quindi ostaggio di contenuti scadenti, volgari e pericolosi, di un linguaggio breve, netto, incapace di contemplare sfumature e approfondimenti.

In quest’ambito, la complessità dei fenomeni umani e le sfumature (oltre che, abbiamo visto, la considerazione dei rischi), quindi, è seriamente compromessa se dobbiamo comprimere tutto in pochi hashtag giusti, che ti rendono visibile o in 280 (ex 140) caratteri di X (alias Twitter).

A dire il vero, non avevo queste aspettative.

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