Videoconferenze su Zoom: decalogo per gaffeur.

Negli ultimi mesi si sono succedute, nelle varie call su Zoom, tante gaffe che poi sono divenute virali e che hanno coinvolto le persone più diverse.

Non è più il bimbo che scappa al controllo della baby sitter e irrompe nella stanza dove Robert Kelly è in collegamento con la CNN. In quel caso, l’imprevisto fu simpatico e magari solo inizialmente imbarazzante. In quel caso una simpatica scena di vita famigliare ha in qualche modo interferito sulla vita professionale, ma senza arrecare danni particolari.

In realtà, le gaffes possono diventare imbarazzanti, in funzione della loro viralità.

Filtri inopportuni.

È il caso dei filtri usati nel momento più sbagliato possibile: se, da un lato, ‘la messa di Gandalf’ genera un sicuro effetto simpatia, dall’altro la ‘grande capa’ che in videocall si presenta col filtro della patata difficilmente sarà dimenticata dai suoi collaborori.

In questo caso, un po’ di autoironia, intelligenza sociale (e soprattutto, per il futuro, maggiore conoscenza del mezzo) aiuterà, magari, a superare con stile la debacle.

Le pudenda no, grazie. Le bestemmie nemmeno.

Jeffrey Toobin, per esempio, è stato prima sospeso poi licenziato quando, lo scorso ottobre, ha pensato (non troppo) bene di masturbarsi durante una videocall di lavoro: un “errore imbarazzante e stupido” (come ha dichiarato) che ha sputtanato 25 anni di lavoro presso il New Yorker.

Per tornare a casa nostra, senza particolari conseguenze, né personali né politiche è quanto accaduto a Gianluca Corrado, consigliere comunale di Milano (qui il suo video di quando si è candidato nel 2016): qualche mese fa, durante i lavori in Commissione, ha lasciato attivato il video ed è apparso come mamma l’ha fatto appena uscito dalla doccia (qui il video)

Gianluca Corrado non era né unico né solo: negli ultimi mesi, una serie di gaffe si sono susseguite. Bestemmie varie al consiglio comunale di Roma (qui) e al consiglio comunale di Trieste (qui e qui), un mezzo spogliarello del revisore dei conti di Oristano (qui), un bisognino al volo durante il consiglio comunale di Napoli (qui).

Per non parlare di gente in desabillé che passa nel momento meno opportuno: cioè proprio mentre si cerca di convincere i propri interlocutori di essere professionali e seri.

Conclusioni.

È il caso di riepilogare un minimo codice di comportamento: in primo luogo, il pulsante muto è tuo amico, ed è anche molto simpatico, a maggior ragione se dovete parlare dieci minuti ogni paio d’ore. Nel caso migliore fate passare tutti i rumori di fondo che vi circondano, nella peggiore delle ipotesi bestemmiate in diretta o fate sfoggio di flatulenze, scarichi e rumori vari nel momento meno opportuno.

No, non è ovvio visto il florilegio di bestemmie ascoltate nei vari consigli comunali.

Punto numero due: siete a casa vostra ma non siete a casa vostra. In realtà, trovo un filo rosso che lega tutte queste gaffe, e cioè la libertà di movimento e di comportamento che solitamente si mantiene a casa propria. Solo questa libertà, effettiva quando non si è in videoconferenza ma molto relativa quando ciò accade, giustifica la sequenza di scivoloni, più o meno gravi.

Quindi, buona norma sarebbe predisporsi mentalmente ad effettuare uno switch determinante: in quel periodo, in quella stanza, in quel campo visivo, non si è più a casa propria, ma si è proiettati in un luogo pubblico, nel quale ci si comporta secondo canoni diversi.

Punto numero tre: avvisare di questo switch anche chi convive, meglio ancora, dove possibile, di assicurarsi un luogo dedicato alla videocall. La collaborazione familiare aiuta.

Punto numero quattro: sei proprio sicuro che condividere lo schermo, con la cronologia porno o con Amazon aperto sia proprio saggio?

Avete presente quella regola facile facile per cui il miglior modo di non far conoscere qualcosa che vorreste tenere segreto al mondo è non farla? Ecco, stavolta non fatelo durante le videoconferenze.

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